“Apro gli occhi e non so dove sono o chi sono. Non è una novità: ho passato metà della mia vita senza saperlo. Eppure oggi è diverso. E’ una confusione più terrificante. Più totale.”
“Sono giovane, relativamente parlando. Trentasei anni. Ma al risveglio me ne sento novantasei. Dopo trent’anni di scatti, di arresti in una frazione di secondo, di balzi e atterraggi sul duro, il mio corpo non sembra più il mio, soprattutto la mattina. Di conseguenza, neanche la mia mente sembra la mia.”
“Gioco a tennis per vivere, anche se odio il tennis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato.”
“L’odio mi mette in ginocchio, l’amore mi fa alzare in piedi.”
“Non capisce – e come potrei mai spiegarglielo? – il dolore di perdere, il dolore di giocare. Ci ho messo trent’anni io a capirlo, a risolvere il calcolo della mia psiche.”
“Una cosa che ho imparato in ventinove anni di tennis: la vita ti getta tra i piedi qualsiasi cosa, tranne forse il lavello della cucina, e alla fine anche quello. Sta a te evitare gli ostacoli.”
“I punti diventano game che diventano set che diventano tornei, ed è tutto collegato così strettamente che ogni punto può segnare una svolta. Mi ricorda il modo in cui i secondi diventano minuti che diventano ore, e ogni ora può essere la più bella della nostra vita. O la più buia. Dipende da noi.”
“Il tennis è lo sport in cui parli da solo. Nessun atleta parla da solo come i tennisti. I lanciatori di baseball, i golfisti, i portieri borbottano tra sé, ovviamente, ma i tennisti parlano con se stessi – e si rispondono.”
“Il tennis è uno sport così maledettamente solitario. Soltanto i pugili possono capire la solitudine dei tennisti – anche se i pugili hanno i loro secondi e i manager. Persino il suo avversario fornisce al pugile una sorta di compagnia, qualcuno a cui può avvinghiarsi e contro cui grugnire. Nel tennis sei faccia a faccia con il nemico, scambi colpi con lui, ma non lo tocchi mai, né parli a lui o a qualcun altro.”
“Con l’acqua che mi roba nelle orecchie – un rumore non dissimile da quello prodotto da ventimila spettatori – rivivo alcune vittorie particolari. Non quelle ricordate dai tifosi, ma vittorie che ancora mi svegliano la notte. Squillari a Parigi. Blake a New York. Pete in Australia.”
“Mentre mi rado m’impartisco ordini severi: prendi un punto alla volta. Fai sudare il tuo avversario su ogni colpo. Qualunque cosa accada, tieni alta la testa.”
“Lui (Baghdatis) non ha un servizio travolgente e io nemmeno, il che significa punti lunghi, scambi lunghi, un grande dispendio di tempo ed energia. Mi preparo a raffiche e combinazioni di colpi, un tennis di logoramento, la forma più brutale di questo sport.”
“Chiudo gli occhi e dico: Controlla ciò che puoi.”
“Ciò che provi alla fine non conta; il coraggio sta in ciò che fai.”
“Soltanto io, però, posso riporre le bottiglie nella mia borsa, insieme ai vestiti, agli asciugamani, ai libri, alle visiere e ai polsini. (Le racchette, come sempre, le metto dopo). Nessuno, all’infuori di me, tocca la mia borsa da tennis che, quando finalmente è pronta, rimane accanto alla porta, come l’equipaggiamento di un sicario, a segnalare che l’ora delle streghe è ormai vicina.”
“Capire la tua agitazione, decifrare ciò che ti dice il tuo stato mentale e fisico è il primo passo per controllarla e farla lavorare per te.”
“La borsa da tennis assomiglia molto al tuo cuore: devi sapere in ogni momento cosa c’è dentro.”
“Più una racchetta rimane inutilizzata e più tensione perde, perciò inizio sempre un incontro con la racchetta incordata per prima, perché so che è quella con le corde meno tese.”
“Adoro il modo in cui mia moglie spasima per la lotta.”
“L’aria è piena di un ronzio, un brusio: il rumore dei tifosi che si affrettano a prendere posto perché non vogliono perdersi nemmeno un minuto di ciò che sta per iniziare.”
“Lo lascio andare, lascio che senta il ronzio trasformarsi in acclamazione. Lascio che pensi che la folla ci stia salutando entrambi. Poi esco io. Adesso gli applausi triplicano. Baghdatis si volta e si rende conto che il primo applauso era per lui, ma questo è mio, tutto mio, il che lo costringe a rivedere le sue aspettative, a riconsiderare ciò che l’attende. Senza colpire una sola palla ho scosso la sua sensazione di benessere. Un trucco del mestiere. Il trucco di un veterano.”
Il pubblico ama questo momento, ama il tennis.”
“Fisso il campo: la parte più anomala della mia vita, eppure l’unico spazio di normalità in tutto questo tumulto. Il campo, dove mi sono sentito così solo e indifeso, è il luogo dove adesso spero di trovare rifugio dalle emozioni di questo momento.”
“Quando giochi contro un avversario dolorante è tutta una questione di istinto e reazione. Non sarà più tennis, ma una cruda prova di volontà. Niente più colpetti, finte, lavoro di gambe. Nient’altro che sventole e cazzotti.”
“Durante il cambio di campo vedo Baghdatis che si siede. Grave errore. Un errore da giovani. Mai mettersi a sedere con i crampi. Mai dire al tuo corpo che può riposare e poi fargli: Stavo scherzando!”
“Mi hanno chiesto spesso com’è, questa vita da tennista, e non ho trovato mai la parola giusta per descriverla. Ma adesso mi sta venendo in mente. E’, soprattutto, uno straziante, eccitante, orribile, sorprendente vortice.”
“Ho sette anni e sto parlando da solo perché ho paura e perché sono l’unico che mi sta a sentire. Sussurro sottovoce: Lascia perdere, Andre. Posa la racchetta ed esci immediatamente da questo campo.”
“Ogni colpo riuscito è dato per scontato, ogni colpo mancato scatena una crisi.”
“A un certo punto mi sorprendo di quanto tiro forte, e preciso. Sebbene odi il tennis, mi piace la sensazione che dà una palla colpita alla perfezione. E’ l’unico attimo di pace.”
“Succedono delle brutte cose quando papà si arrabbia. Se lui dice che giocherò a tennis, che diventerò il numero uno, quello è il mio destino, tutto ciò che posso fare è annuire e obbedire.”
“Se sai di esserti beccato il colpo migliore di quell’altro, e sei ancora in piedi, e lui lo sa – gli strapperai il cuore. Nel tennis, dice, la regola è la stessa. Attacca l’altro sui suoi punti di forza. Se serve bene, strappagli il servizio. Se gioca di potenza, superalo in potenza. Se ha un ottimo diritto, di cui va fiero, cerca il suo diritto fino a farglielo odiare.”
“Adesso continua a piangere. Soffri ancora un pò. Ma poi devi dirti: adesso basta, è ora di tornare al lavoro.”
“Lo supplico di concedermi un’altra possibilità. Gli dico che non mi piace stare da solo in quell’enorme campo da tennis. Il tennis è uno sport solitario, gli dico. Non c’è un posto dove nascondersi quando le cose vanno male. Niente panchina, niente bordo campo, nessun angolo neutrale. Ci sei solo tu, nudo.
Lui urla con tutto il fiato che ha: Tu sei un tennista! Tu diventerai il numero uno al mondo! Farai un sacco di soli. Il programma è questo, punto e basta.”
“Andre, dice, devi mangiare, dormire e bere tennis. E’ l’unico modo per diventare il numero uno.”
“Alla gente piace definire la Bollettieri Academy un centro di addestramento, ma in realtà non è altro che un campo di prigionia nobilitato. E neanche poi tanto.”
“Dovunque vada, la gente mi indica, sussurrando. Eccolo. E’ il ragazzino di cui ti parlavo… il prodigio. E’ la parola più carina che abbia mai sentito riferita a me.”
“E’ il 29 aprile 1986. Il giorno del mio sedicesimo compleanno. Per il resto della giornata non faccio che ripetermi, incredulo: sei un tennista professionista, adesso. Ecco che cosa sei. Ecco chi sei. Per quante volte lo dico, non suona mai bene.”
“Al primo turno mi tocca un ragazzino di nome Michael Chang. Sono cresciuto giocando con lui.”
“Vestire come me nel 1988 significa indossare calzoncini jeans. Sono la mia firma.”
“Ogni tanto provo a spiegarlo in un’intervista, ma non mi viene mai bene. Se cerco di essere spiritoso o è un fiasco o qualcuno si risente. Se cerco di essere profondo mi sento dire assurdità. Così lascio perdere, torno alle risposte pronte e alle banalità, dico ai giornalisti quello che vogliono sentirsi dire. E’ la cosa migliore.”
“Un amico mi dice che le quattro superfici del tennis sono come le quattro stagioni. Ognuna vuole da te qualcosa di diverso.”
“Porto la mia falsa Donnay a Roma e gioco con un ragazzo che riconosco dai campionati juniores. Pete qualcosa. Sampras, mi pare. Un greco della California.”
“Per qualche motivo Goran sbaglia una facile volée. La sua palla finisce in rete e come se niente fosse, dopo ventidue anni e ventidue milioni di colpi con una racchetta da tennis, sono il campione di Wimbledon 1992.”
“Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole come una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente.”
“Dopo aver fatto fuori Becker sono in finale. Il mio avversario? Pete, come sempre.”
“Sai tutto quello che c’è da sapere di una persona quando guardi la sua faccia nel momento del tuo massimo trionfo. Ho creduto in Brad fin dall’inizio, ma adesso, vedendo la sua gioia pura e smisurata per me, credo smisuratamente in lui.”
“Come ti resta nella memoria il fumo di sigaro e pipa dopo aver giocato al Roland Garros, così per settimane, dopo essere stato a Melbourne, ti rimane il vago ricordo di aver giocato in una gigantesca fornace.”
“A pochi di noi è concessa la grazia di conoscere se stessi, e finché non ci riusciamo, la cosa migliore che possiamo fare è essere coerenti.”
“C’è una regola non scritta, o forse è stata scritta, per cui se lasci il campo con la racchetta ti ritiri.”
“Gli rispondo che il tennis è pugilato. Ogni tennista, prima o poi, si paragona a un pugile, perché il tennis è boxe senza contatto. E’ uno sport violento, uno contro l’altro, e la scelta è brutalmente semplice quanto sul ring. Uccidere o essere uccisi. Sconfiggere o essere sconfitti.”
“Non importa quanto vinci, se non sei l’ultimo a vincere sei un perdente. E alla fine perdo sempre, perchè c’è sempre Pete. Come sempre, Pete.”
“Perdere di proposito non è facile. E’ quasi più difficile che vincere.”
“E’ l’unica perfezione che esista, la perfezione di aiutare gli altri. E’ l’unica cosa che possiamo fare che abbia un valore o un significato duraturo. E’ per questo che siamo qui. Per farci sentire sicuri a vicenda.”
“Al terzo turno (Atlanta 1996) affronto un avversario più ostico, l’italiano Andrea Gaudenzi. Il suo è un gioco muscolare. Gli piace scambiare colpi al corpo e se lo rispetti troppo diventa ancora più macho.”
“Guardo a sinistra e a destra. Da una parte c’è Paes, medaglia di bronzo. Dall’altra Bruguera, medaglia d’argento. Io sono sul gradino più alto – una delle poche volte in cui sono il alto dei miei avversari. Ma mi sentirei alto tre metri su qualunque superficie. Un uomo mi mette al collo la medaglia d’oro. Parte l’inno nazionale. Sento il cuore che mi si gonfia, e non ha niente a che fare con il tennis, o con me, e perciò supera tutte le mie aspettative.”
“I prossimi sei mesi saranno decisivi. A chi di noi non si applica questa spaventosa affermazione?”
“E’ uno dei più difficili da superare del circuito (Rafter), ed è ancora più difficile prenderlo in antipatia. E’ tutto classe, che vinca o perda, e oggi vince. Mi dà una stretta di mano da gran signore e un sorriso in cui scorgo un’inequivocabile traccia di compassione.”
“Odio in tennis più che mai – ma odio ancora di più me stesso. Mi dico: e allora, a chi importa se odi il tennis? Tutta quella gente là fuori, tutti i milioni di persone che odiano ciò che fanno per vivere, lo fanno comunque. Forse il punto è proprio fare ciò che odi, farlo bene e con allegria. Odi il tennis, quindi. Odialo quanto ti pare, ma devi pur sempre rispettarlo – e rispettare te stesso.
Dico: D’accordo Brad, non sono pronto a piantare tutto. Ci sono ancora dentro. Dimmi che cosa devo fare e lo farò.”
“E’ per questo che siamo qui. Per combattere attraverso il dolore e, quand’è possibile, per alleviare il dolore altrui. Così semplice. Così difficile da capire.”
“L’avevo dimenticato: è nei corridoi degli ospedali che capiamo cos’è la vita.”
“Dove sei stato non importa, dice. D’ora in avanti ciò che conta è dove andrai.”
“I matrimoni non si salvano né si risolvono con uno solo che parla.”
“Non ho mai visto una donna così bella. Da ferma, è una dea; in movimento, è poesia. Sono un corteggiatore, ma sono anche un suo fan. E’ cos’ tanto tempo che mi chiedo che effetto faccia il diritto di Steffi Graf.”
“Avendo evitato il disastro, improvvisamente sono sciolto, felice. E’ tipico dello sport. Sei appeso a un filo su un abisso senza fondo. Guardi in faccia la morte. Poi il tuo avversario, o la vita, ti risparmia e ti senti così benedetto che giochi con abbandono. Vinco il quarto set e l’incontro. Sono in finale.”
“Il punto per il titolo. Metà del pubblico grida il mio nome, l’altra metà grida sssshhh. Metto un’altra prima sfrigolante e quando Medvedev si sposta di lato e rotea il braccio con il gomito piegato sono il secondo a sapere che ho vinto il Roland Garros. Il primo è Brad. Medvedev è il terzo. La palla atterra ben oltre la riga di fondo. Vederla cadere è una delle gioie più grandi della mia vita.
Alzo le braccia e la mia racchetta finisce sulla terra. Sto singhiozzando.”
“Andre, dice, certe persone sono termometri, altre termostati. Tu sei un termostato. Non registri la temperatura in una stanza, la cambi.”
“Un rimpianto ce l’avrò sempre: quello di non poter tornare indietro e rivivere l’Open di Francia del 1999 ancora e ancora.”
“Lei mi compra una lavagnetta dove appuntare le cose da fare, ma io la trasformo in un tabellone della gratitudine. L’appendo in cucina e le prometto che ogni sera ci scriverò qualcosa sul mio amore per lei – e la sera dopo lo cancellerò e ci scriverò qualcosa di nuovo.”
“Per me, essere con la donna giusta è la vera felicità.”
“Nel quarto set (US Open 2001) abbiamo diversi scambi epici. Arriviamo all’ennesimo tie-break. Giochiamo da tre ore e ancora nessuno dei due ha strappato il servizio all’altro. E’ passata mezzanotte. I tifosi – oltre ventitremila – si alzano in piedi. Non ci lasciano iniziare il quarto tie-break. Battendo i piedi e applaudendo, inscenano il loro tie-break. Prima che ricominciamo vogliono dirci grazie. Sono commosso. Vedo che anche Pete lo è. Ma non posso pensare ai tifosi. Non voglio permettermi di pensare ad altro che a raggiungere il rifugio del quinto set.”
“‘è anche una nuovissima promessa, uno svizzero di nome Roger Federer (Key Biscayne 2002).”
“Gesù, sono in finale (US Open 2002). Il che significa Pete. Come sempre, Pete. Abbiamo giocato trentatre volte nelle nostre carriere, quattro finali degli slam. Lui è in vantaggio in generale, 19-14, e nelle finali degli slam, 3-1. Dice che tiro fuori il meglio da lui, ma io penso che lui abbia tirato fuori il peggio da me.”
“Pete mi rivolge un sorriso amichevole, mi dà una pacca sulla spalla, ma l’espressione sul suo viso è inequivocabile. L’ho già vista.
Eccoti un dollaro, ragazzo. Vammi a prendere la macchina.”
“Mentre stanno per iniziare gli US Open del 2003, Pete annuncia il suo ritiro. Si ferma diverse volte durante la conferenza stampa per riprendersi dall’emozione, che colpisce anche me. La nostra rivalità è stata uno dei punti di riferimento della mia carriera. Perdere con Pete mi ha provocato un dolore enorme, ma alla lunga mi ha reso anche più forte. Se lo avessi battuto più spesso, se fosse comparso in una generazione diversa, il mio palmares sarebbe migliore e potrei essere ricordato come un tennista migliore, ma varrei meno.”
“Grazie a Stefanie, arrivo ai quarti, dove incontro la testa di serie numero uno, Federer. Non è l’uomo che ho battuto a Key Biscayne. E’ cresciuto sotto i miei occhi, diventando uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi. Si porta metodicamente in vantaggio, due set a uno, e io non posso che farmi indietro e ammirare le sue immense capacità, la sua magnifica compostezza. E’ il tennista più regale che abbia mai visto.”
“Raggiungo i quarti, dove affronto di nuovo Federer. Non riesco a vincere un set. Mi liquida come un maestro con un allievo ottuso. Lui, più di ogni altro giovane che assume il controllo del gioco, mi fa sentire la mia età. Quando lo guardo, con la sua agilità garbata, la sua bravura nel colpire e i suoi movimenti fluidi che ricordano un puma, mi rammento che sono in pista dai tempi delle racchette di legno.”
“Vado a Montreal e mi faccio strada con le unghie e con i denti sino alla finale con un ragazzino spagnolo di cui tutti parlano. Rafael Nadal. Non risco a batterlo. Non lo capisco. Non ho mai visto nessuno muoversi in quel modo su un campo da tennis.”
“Non priverei mai nessuno dell’esperienza istruttiva di perdere.”
“Federer scende in campo che pare Cary Grant. Mi chiedo quasi se giocherà in ascot e giacca da smoking. Lui è perennemente pacato, io sono sempre frastornato, anche servendo sul 40-15. E poi è pericoloso da così tante parti diverse del campo che non c’è un posto dove nascondersi… Al tie-break va in un luogo che non riconosco. Trova una marcia che gli altri giocatori semplicemente non hanno. Vince 7-1.”
“Avvicinandomi alla rete, sono sicuro di aver perso con il migliore, con l’Everest della prossima generazione. Compatisco i giovani che dovranno battersi con lui. Compatisco il giocatore destinato a essere l’Agassi di questo Sampras. Anche se non lo cito per nome, Pete è in cima ai miei pensieri quando dico ai giornalisti. E’ semplicissimo. La maggioranza delle persone ha dei punti deboli. Federer non ne ha.”
“Ma per me Wimbledon è diventato un luogo sacro. E’ li che ha brillato mia moglie. E’ lì che ho sospettato per la prima volta di poter vincere ed è lì che l’ho dimostrato a me stesso e al mondo. Wimbledon è dove ho imparato a cedere, a piegare il ginocchio, a fare qualcosa che non volevo fare, a indossare cose che non volevo indossare, e sopravvivere.”
“Gioco bene, il che mi rende ottimista per il match di terzo turno, contro Nadal. E’ un bruto, un mostro, una forza della natura, il tennista più forte e mobile che abbia mai visto. Ma ho la sensazione che potrei cavarmela bene. Penso di avere delle possibilità. Perdo il primo set, 7-6, ma il fatto di averlo perso per poco mi fa ben sperare.
Poi lui mi annienta.”
“La vita è un incontro di tennis tra estremi polarmente opposti. Vincere e perdere, amare e odiare, aperto e chiuso. E’ utile riconoscere presto questo fatto penoso. Quindi riconoscete gli estremi contrapposti in voi e se non riuscite ad accettarli o a riconciliarvi con essi, almeno ammetteteli e tirate avanti. L’unica cosa che non potete farli è ignorarli.”
“Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista.”